Versión al italiano de Gabriel Impaglione
In
nome dell’urlo
Credi
tanto nella sete: nella vita... nell’ invisibile. Dormi verso oriente. Ti
purifichi nel pericolo. Sui libri denunci il tempo come un passero disseccato.
Nel
bosco un leccio ti insegue. La luce ti nomina. Quando scegli il senso del
dolore qualcuno ti da un sorso d’acqua.
Desideri:
aspetta di sbagliare comunque. Assumi la tirannia dell’occhio detta viaggio e
spesso con un volto puoi sanare il tuo freddo.
Conosci
un paradiso che mai sarà memoria.
Assisti
alla favola della sopravvivenza sebbene un equatore lontano e vorace attrae il
tuo volo. Cosi persisti.
Le
tue parole cadono come pugni di terra sul corpo nudo.
Qui
comincia l’ istante. Chi grida? Chi risponde tra il sangue? Chi scopre la sua
ombra incandescente?
Che
l’urlo sempre possa fermare la ferita...!
Che
basti il linguaggio per non morire!
Carceri di luce
Ogni notte ha una sua fontana di fantasmi
o l’ oasi dove sorseggia volti il futuro.
o l’ oasi dove sorseggia volti il futuro.
Quando la respirazione si apre calma
disteso lascio rompere i miei occhi
perché il sogno e’ voce del tu assente:
l’ unico risveglio dei desideri
mentre la canoa del tempo non naufraghi.
disteso lascio rompere i miei occhi
perché il sogno e’ voce del tu assente:
l’ unico risveglio dei desideri
mentre la canoa del tempo non naufraghi.
Testamento dell’acqua
A volte una pagina e’ la pelle degli assenti
A volte su fogli di carne annoto i miei silenzi
A volte scrivo nelle lingue della morte.
A volte su fogli di carne annoto i miei silenzi
A volte scrivo nelle lingue della morte.
Charlie Chaplin
Abitante dell’ aurora, dio senza cielo
dimmi quanti occhi hai messo nelle mie ferite?
Quanti ragni semini nella risata?
Quanto carcere c’e’ tra i sogni?
Visionario, vittima delle tue ali
dimmi come hai potuto essere il tuo giorno?
Fiore di te stesso, catturatore della sete
musico del silenzio.
dimmi quanti occhi hai messo nelle mie ferite?
Quanti ragni semini nella risata?
Quanto carcere c’e’ tra i sogni?
Visionario, vittima delle tue ali
dimmi come hai potuto essere il tuo giorno?
Fiore di te stesso, catturatore della sete
musico del silenzio.
L’etá
dell’urlo
Chi
sopravvive alla propria infanzia?
Ho
creduto nella memoria
fino
ad essere violentato dalla vigilia.
Tempo,
vasaio di crepe.
Viene
per parlare in mezzo alla tempesta,
arrivai
con la mia eredità di ombre
indeciso
tra poema e urlo
tra
il fuoco e l’azzurro...
Oggi
vivo l’esilio del passato
e
l’infortunio dell’albeggiare.
Ogni
scrittura
E’
opera dei morti.
Piove
nel poema
La
cicatrice dell’orizzonte invade i miei occhi:
l’ombra
c’é stata proferita
apprezzo
l’opposizione tra il verde e la morte.
In
questa città hanno condannato fuoco e terra,
soltanto
acqua e vento: amici trasparenti,
mi
accompagnano
La
gerarchia dell’invisibile.
Genesi
Per
sopravvivere rischiamo di avere memoria, ci consegniamo al vuoto.
Conosciamo
l’avvoltoio del vento e il serpente dell’acqua. Il silenzio mai ci allontanerà.
Ritorniamo
alla selce, ascoltammo la preghiera del fuoco.
Imprendiamo
l’ arcano spavento. Viviamo la voracità dei ritrovamenti e il gioco spettrale
del desiderio.
L’unico
frutto dell’albero al quale non possiamo rinunciare e’ la sua ombra.
Soffriamo
la persecuzione della primavera – e fu li dove la parola si fece verde.
Quello
che si dilata di più e’ l’istante, quello che più nasconde e’ la luce.
Quando
si interrompe il tempo qualcuno decide di nascere.
Mestiere
dell’oblio
Una
donna si bacia allo specchio, si occulta con l’ anima, l’acqua è la sua
solitudine.
Un
bambino nascosto nell’armadio cerca di morire.
Le
lacrime di un uomo cadono sulla sua tazzina di caffè.
Un’
adolescente con l’indice ferma la lancetta dell’orologio e trema.
Nel
vento viaggia un messaggio che non capiremo.
La
tua ombra si ribella.
Ci
prepariamo per fuggire da tutto ciò che amiamo.
Chi
non parte sarà dimenticato.
Il
vento dialoga col fuoco.
Aspetto
la mia voce.
Viaggiare
e’ anche il contrario della morte.
Mentre
il seme inganna il passero non saremmo persi.
Ci
ameremo in altri volti.
Nessuno
si nasconde nella memoria.
Verrà
qualcuno a seppellire nostri nomi?
Restituzioni
Richiedo
che tutto il perduto diventi poema.
Le
ferite come gli uragani hanno un nome. E nonostante ignori perché attorno a me
sbocciano gli abissi, fin dall’origine fui disonorato dalla felicità, dalla sua
cima rigorosa.
Le
invadenti sottrazioni del ricordo. La lotta della radice. L’antichità del
silenzio...
Non
lascio il fiore nel cimitero del sogno, ma proseguo nonostante tutte le sabbie
mobili dello spirito.
La
colpa che non ti lascia partire è l’amore.
E
ora la nebbia, la pioggia, l’assenza...
Lo
squilibrio denominato bellezza, la terribile orfanità del sacro, la rosa
infuocata che mi guida nella disperazione...
so
che il cammino mi troverà finalmente.
Come
ogni cosa che si rende visibile per morire.
In
nome dell’urlo
Credi
tanto nella sete: nella vita... nell’ invisibile. Dormi verso oriente. Ti
purifichi nel pericolo. Sui libri denunci il tempo come un passero disseccato.
Nel
bosco un leccio ti insegue. La luce ti nomina. Quando scegli il senso del
dolore qualcuno ti da un sorso d’acqua.
Desideri:
aspetta di sbagliare comunque. Assumi la tirannia dell’occhio detta viaggio e
spesso con un volto puoi sanare il tuo freddo.
Conosci
un paradiso che mai sarà memoria.
Assisti
alla favola della sopravvivenza sebbene un equatore lontano e vorace attrae il
tuo volo. Cosi persisti.
Le
tue parole cadono come pugni di terra sul corpo nudo.
Qui
comincia l’ istante. Chi grida? Chi risponde tra il sangue? Chi scopre la sua
ombra incandescente?
Che
l’urlo sempre possa fermare la ferita...!
Che
basti il linguaggio per non morire!
Carceri di luce
Ogni notte ha una sua fontana di fantasmi
o l’ oasi dove sorseggia volti il futuro.
o l’ oasi dove sorseggia volti il futuro.
Quando la respirazione si apre calma
disteso lascio rompere i miei occhi
perché il sogno e’ voce del tu assente:
l’ unico risveglio dei desideri
mentre la canoa del tempo non naufraghi.
disteso lascio rompere i miei occhi
perché il sogno e’ voce del tu assente:
l’ unico risveglio dei desideri
mentre la canoa del tempo non naufraghi.
Testamento dell’acqua
A volte una pagina e’ la pelle degli assenti
A volte su fogli di carne annoto i miei silenzi
A volte scrivo nelle lingue della morte.
A volte su fogli di carne annoto i miei silenzi
A volte scrivo nelle lingue della morte.
Charlie Chaplin
Abitante dell’ aurora, dio senza cielo
dimmi quanti occhi hai messo nelle mie ferite?
Quanti ragni semini nella risata?
Quanto carcere c’e’ tra i sogni?
Visionario, vittima delle tue ali
dimmi come hai potuto essere il tuo giorno?
Fiore di te stesso, catturatore della sete
musico del silenzio.
dimmi quanti occhi hai messo nelle mie ferite?
Quanti ragni semini nella risata?
Quanto carcere c’e’ tra i sogni?
Visionario, vittima delle tue ali
dimmi come hai potuto essere il tuo giorno?
Fiore di te stesso, catturatore della sete
musico del silenzio.
L’etá
dell’urlo
Chi
sopravvive alla propria infanzia?
Ho
creduto nella memoria
fino
ad essere violentato dalla vigilia.
Tempo,
vasaio di crepe.
Viene
per parlare in mezzo alla tempesta,
arrivai
con la mia eredità di ombre
indeciso
tra poema e urlo
tra
il fuoco e l’azzurro...
Oggi
vivo l’esilio del passato
e
l’infortunio dell’albeggiare.
Ogni
scrittura
E’
opera dei morti.
Piove
nel poema
La
cicatrice dell’orizzonte invade i miei occhi:
l’ombra
c’é stata proferita
apprezzo
l’opposizione tra il verde e la morte.
In
questa città hanno condannato fuoco e terra,
soltanto
acqua e vento: amici trasparenti,
mi
accompagnano
La
gerarchia dell’invisibile.
Genesi
Per
sopravvivere rischiamo di avere memoria, ci consegniamo al vuoto.
Conosciamo
l’avvoltoio del vento e il serpente dell’acqua. Il silenzio mai ci allontanerà.
Ritorniamo
alla selce, ascoltammo la preghiera del fuoco.
Imprendiamo
l’ arcano spavento. Viviamo la voracità dei ritrovamenti e il gioco spettrale
del desiderio.
L’unico
frutto dell’albero al quale non possiamo rinunciare e’ la sua ombra.
Soffriamo
la persecuzione della primavera – e fu li dove la parola si fece verde.
Quello
che si dilata di più e’ l’istante, quello che più nasconde e’ la luce.
Quando
si interrompe il tempo qualcuno decide di nascere.
Mestiere
dell’oblio
Una
donna si bacia allo specchio, si occulta con l’ anima, l’acqua è la sua
solitudine.
Un
bambino nascosto nell’armadio cerca di morire.
Le
lacrime di un uomo cadono sulla sua tazzina di caffè.
Un’
adolescente con l’indice ferma la lancetta dell’orologio e trema.
Nel
vento viaggia un messaggio che non capiremo.
La
tua ombra si ribella.
Ci
prepariamo per fuggire da tutto ciò che amiamo.
Chi
non parte sarà dimenticato.
Il
vento dialoga col fuoco.
Aspetto
la mia voce.
Viaggiare
e’ anche il contrario della morte.
Mentre
il seme inganna il passero non saremmo persi.
Ci
ameremo in altri volti.
Nessuno
si nasconde nella memoria.
Verrà
qualcuno a seppellire nostri nomi?
Restituzioni
Richiedo
che tutto il perduto diventi poema.
Le
ferite come gli uragani hanno un nome. E nonostante ignori perché attorno a me
sbocciano gli abissi, fin dall’origine fui disonorato dalla felicità, dalla sua
cima rigorosa.
Le
invadenti sottrazioni del ricordo. La lotta della radice. L’antichità del
silenzio...
Non
lascio il fiore nel cimitero del sogno, ma proseguo nonostante tutte le sabbie
mobili dello spirito.
La
colpa che non ti lascia partire è l’amore.
E
ora la nebbia, la pioggia, l’assenza...
Lo
squilibrio denominato bellezza, la terribile orfanità del sacro, la rosa
infuocata che mi guida nella disperazione...
so
che il cammino mi troverà finalmente.
Come
ogni cosa che si rende visibile per morire.